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GESU’ E’ DIO, seconda parte

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lapecorellasmarrita
view post Posted on 11/3/2014, 21:57




GESU’ E’ DIO





LA VITA SCRITTA PRIMA DELLA VITA,
LA STORIA SCRITTA PRIMA DELLA STORIA



(seconda parte)




Dal Battesimo di Gesù all’istituzione dell’Eucaristia seguendo,in questa etichetta, i misteri luminosi del santo Rosario, con l relativi passi dei Vangeli, citazioni del Catechismo della Chiesa Cattolica, del Magistero, pensieri e stroffe di alcuni santi.

Essendo consapevoli che tali citazioni possano essere di difficile comprensione per alcuni, sopratutto per chi si stà avvicinando alla fede, abbiamo cercato di rendere piu’ accessibili le meditazioni evidenziandone alcune parti.

Sempre nella nostra intenzione di semplicare il più possibile il contenuto,lo stesso argomento è stato riportato ( in etichetta separata 5B) dal Catechismo di San Pio X, con l’aggiunta di alcune immagini, auspicandoci di aver contribuito a semplificare la vostra meditazione.

Consigliamo a tutti coloro che sono alla ricerca di Dio di procurarsi il Vangelo e Atti degli Apostoli. Diceva Padre Pio,“Mediante lo studio dei libri si cerca Dio, con la meditazione lo si trova”( Cit Buona giornata, Adfp, 547)


(Lo staff)


IL BATTESIMO DI GESU’ NEL GIORDANO




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DAL VANGELO SECONDO MATTEO







[3,13] I n quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui. [3,14]Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?». [3,15]Ma Gesù gli disse: «Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia». Allora Giovanni acconsentì. [3,16]Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. [3,17]Ed ecco una voce dal cielo che disse: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto» ( Isaia 42,1).




(Meditazioni tratte dal Catechismo della Chiesa Cattolica)








535 CCC: L’inizio della vita pubblica di Gesù è il suo battesimo da parte di Giovanni nel Giordano. Giovanni predicava “un battesimo di conversione per il perdono dei peccati” (Lc 3,3). Una folla di peccatori, pubblicani e soldati, farisei e sadducei e prostitute vengono a farsi battezzare da lui. “Allora Gesù andò”. Il Battista esita, Gesù insiste, riceve il battesimo. Allora lo Spirito Santo, sotto forma di colomba, scende su Gesù e una voce dal cielo dice: “Questi è il Figlio mio prediletto” Mt 3.13-17). E’ la manifestazione (“epifania”) di Gesù come Messia di Israele e Figlio di Dio.







536 CCC : Il battesimo di Gesù è, da parte di lui, l’accettazione e l’inaugurazione della sua missione di Servo sofferente. Egli si lascia annoverare tra i peccatori; è già “ l’Agnello di Dio che toglie i peccato del mondo” (Gv 1,29), già anticipa il “battesimo” della sua morte cruenta. Già viene ad adempiere “ogni giustizia” (Mt 3.15), cioè si sottomette totalmente alla volontà del Padre suo: accetta per amore il battesimo di morte per la remissione dei nostri peccati. A tale accettazione risponde la voce del Padre che nel Figlio suo si compiace. Lo Spirito, che Ge-sù possiede in pienezza fin dal suo concepimento, si posa e “rimane” su di lui. Egli ne sarà la sorgente per tutta l’umanità. Al suo battesimo “si aprirono i cieli” (Mt 3.16) che il peccato di Adamo aveva chiuso;e le acque sono santificate dalla discesa di Gesù e dello Spirito, preludio della nuova creazione


( Da una strofa di San Giuseppe da Copertino)





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A San Giovanni Battista


“...Tu che nel ventre materno
Vedesti la madre del Verbo eterno,
fà che questo mio cuor quieto
stia sempre e ami Dio,
né seguiti il mondo rio.
Tu che in deserto oscuro andasti,
per star sicuro
dal demonio e dal mondo,
e qui dal profondo
liberasti molta gente,
aiuta me penitente.Tu, benché santificato,
nel desrto sei andato.
Per servire il grande Dio,
fà che anch’io lo serva
con puro cuore,
o santo Precursore.”










IL PRIMO MIRACOLO DI GESU’, ALLE NOZZE DI CANA






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DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI








[2,1] T re giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. [2,2]Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. [2,3]Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». [2,4]E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». [2,5]La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà».

[2,6]Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. [2,7]E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le giare»; e le riempirono fino all'orlo. [2,8]Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono. [2,9]E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo [2,10]e gli disse: «Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un pò brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono». [2,11]Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.




(Meditazione dal Catechismo della Chiesa Cattolica)







2618 CCC: Il Vangelo ci rivela come Maria preghi e interceda nella fede: a Cana la Madre di Gesù prega il Figlio suo per le necessità di un banchetto di nozze, segno di un altro Banchetto, quello delle nozze dell’Agnello che, alla richiesta della Chiesa, sua Sposa, offre il proprio Corpo e il proprio Sangue. Ed è nell’ora della Nuova Alleanza, ai piedi della croce, che Maria vie-ne esaudita come la Donna, la nuova Eva, la vera “Madre dei viventi”.







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“Raccomandati alla Madonna, che è la mamma nostra, e non dubitare di niente, perché essa ti provvederà”.

( San Giuseppe da Copertino)










L’ANNUNCIO DEL REGNO DI DIO E L’INVITO ALLA CONVERSIONE




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DAL VANGELO SECONDO MARCO




[1,14] D opo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: [1,15]«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo».






(Meditazioni dal Catechismo della Chiesa Cattolica)





541 CCC: Cristo , per adempiere la volontà del Padre, ha inaugurato in terra il regno dei cieli. Ora, la volontà del Padre è di elevare gli uomini alla partecipazione della vita divina. Lo fa radunando gli uomini attorno al Figlio suo, Gesù Cristo. Questa assemblea è la Chiesa, la quale in terra costituisce “il germe e l’inizio” del regno di Dio.







542 CCC: Cristo è al centro di questa riunione degli uomini nella famiglia di Dio”. Li convoca attorno a sé con la sua parola, con i suoi “segni” che manifestano il regno di Dio, con l’invio dei suoi discepoli. Egli realizzerà la venuta del suo Regno soprattutto con il grande mistero della sua pasqua: la sua morte in croce e la sua risurrezione. “ Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). Tutti gli uomini sono chiamati a questa unione con Cristo.



543 CCC: Tutti gli uomini sono chiamati ad entrare nel Regno. Annunziato dapprima ai figli di Israele, questo regno messianico è destinato ad accogliere gli uomini di tutte le nazioni. Per accedervi, è necessario accogliere la parola di Gesù:


“La parola del Signore è paragonata appunto al seme che viene seminato in un campo:
quelli che l’ascoltano con fede appartengono al piccolo gregge di Cristo hanno accolto
il regno stesso di Dio; poi il seme per virtù propria germoglia e cresce fino al tempo del
raccolto”






544 CCC: Il Regno appartiene ai poveri e ai piccoli, cioè a coloro che l’’hanno accolto con cuore umile. Gesù è mandato per “annunziare ai poveri un lieto messaggio” (Lc 4,18). Li proclama beati, perché “di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3); ai “piccoli” il Padre si è degnato di rivelare ciò che rimane nascosto ai sapienti e agli intelligenti. Gesù condivide la vita dei poveri, dalla mangiatoia alla croce; conosce la fame, la sete e l’indigenza. Anzi, arriva a identificarsi con ogni tipo di poveri e fa dell’amore operante verso di loro la condizione per entrare nel suo Regno.






545 CCC: Gesù invita i peccatori alla mensa del Regno: “Non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mc 2,17.Li invita alla conversione, senza la quale non si può entrare nel Regno, ma nelle parole e nelle azioni mostra loro l’infinita misericordia del Padre suo per loro e l’immensa “gioia che ci sarà in cielo per un peccatore convertito” (lc 15,7). La prova suprema di tale amore sarà il sacrificio della propria vita “in remissione dei peccati” (Mt 26,28).








546 CCC: Gesù chiama ad entrare nel Regno servendosi delle parabole, elemento tipico del suo insegnamento. Con esse egli invita al banchetto del Regno, ma chiede anche una scelta radicale per acquistare il Regno, è necessario “vendere” tutto; le parole non bastano, occorrono i fatti. Le parabole sono come specchi per l’uomo: accoglie la Parola come un terreno arido o come un terreno buono? Che uso fa dei talenti ricevuti? Al centro delle parabole stanno velatamente Gesù e la presenza del Regno in questo mondo. . Occorre entrare nel Regno, cioè diventare discepoli di Cristo per “conoscere i misteri del regno dei cieli” (Mt 13,11). Per coloro che rimangono “fuori” (Mc 4,11), tutto resta enigmatico. ( Rif. Mt 13,10-15 : “ Gli si accostarono i discepoli e gli dissero: “perché parli ad essi in parabole?” Egli rispose loro: “Perché,mentre a voi è dato di comprendere i misteri del Regno dei cieli, a loro no. Infatti a chi ha verrà dato e sarà nell’abbondanza;ma a chi non ha verrà tolto anche quello che ha.Per questo parlo loro in parabole, perché vedendo non vedono; udendo non odono né comprendono. Cosi avverra per loro la profezia d’Isaia che dice:




Ascolterete,ma non comprenderete;
guarderete, ma non vedrete.
S’è indurito infatti
il cuore di questo popolo:
sono diventati duri gli orecchi
ed hanno serrato gli occhi
in modo da non vedere con gli occhi,
non sentire con le orecchie,
non comprendere con il cuore e convertirsi,
e allora li avrei guariti.





Beati invece i vostri occhi che vedono, le vostre orecchie che odono. Poiché in verità vi dico: molti profeti e giusti desiderarono vedere ciò che voi vedete e non videro, udire ciò che voi udite e non udirono! “ )






I segni del regno di Dio





547 CCC: Gesù accompagna le sue parole con numerosi “miracoli, prodigi e segni” (At 2,22), i quali manifestano che in lui il Regno è presente. Attestano che Gesù è il Messia annunziato.

548 CCC: I segni compiuti da Gesù testimoniano che il Padre lo ha mandato. Essi sollecitano a cre-dere in lui. A coloro che gli si rivolgono con fede egli concede ciò che domandano. Allora i miraco-li rendono più salda la fede in colui che compie le opere del Padre suo: testimoniano che egli è il Figlio di dio. Ma possono anche essere motivo di scandalo. Non mirano a soddisfare la curiosità e i desideri di qualcosa di magico. Nonostante i suoi miracoli tanto evidenti, Gesù è rifiutato da alcuni, lo si accusa perfino di agire per mezzo dei demoni.








549 CCC: Liberando alcuni uomini dai mali terreni della fame, dell’ingiustizia, della malattia e del-la morte, Gesù ha posto dei segni messianici; egli non è venuto tuttavia per eliminare tutti i mali di quaggiù, ma per liberare gli uomini dalla più grave delle schiavitù: quella del peccato, che li ostaco-la nella loro vocazione di figli di Dio e causa tutti i loro asservimenti umani.





550 CCC: La venuta del regno di Dio è la sconfitta del regno di satana: “Se io scaccio i demo-ni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di Dio” (Mt 12,28). Gli esorci-smi di Gesù liberano alcuni uomini dal tormento dei demoni. Anticipano la grande vittoria di Gesù sul “principe di questo mondo”. Il regno di Dio sarà definitivamente stabilito per mezzo della croce di Cristo: “Regnavit a ligno Deus – Dio regnò dalla croce”.








( Meditazione tratta dai sermoni di Sant’Antonio di Padova)





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“ Solo i poveri, gli umili, ricevono il messaggio di Cristo. Oggi sono assetati della parola di vita e della sapienza salvatrice i poveri, i semplici, gli incolti, gli uomini dei campi e le vecchiette; non i mondani, pieni di parole e inebriati della sapienza di quaggiù. Cristo è verità: in Cristo rifulsero povertà, obbedienza, umiltà.
Chi si scandalizza di questa virtù, si scandalizza di Cristo. I veri poveri non si scandalizzano, perché essi soli si nutrono della verità del Vangelo e sono il popolo del Signore, i poveri, le pecorelle che egli conduce al pascolo. I poveri in spirito sono il popolo di Dio. Staccati dalle cose terrestri, nelle altezze della povertà essi contemplano il Figlio di Dio nei misteri della sua vita e nella gloria del cielo. Costoro il Signore consola. Privi di beni materiali, egli li consola con i suoi beni. E mentre crolla l’edificio dei conforti mondani, subito il Signore erige loro
la casa della sua gioia. Egli trasforma la desolazione della povertà in delizie di intima soavità.
I mondani, che hanno una fede solo di parole e la speranza ripongono in se stessi e nelle loro cose e si appoggiano unicamente sull’uomo, sono ingordi di cose terrestri e puzzano di mondo. L’uomo che odora non di cielo ma di terra, che vive nel pattume dell’ingordigia e della lussuria, somiglia all’asino, che antica-mente era addetto alla mola. Gli bendavano gli occhi e lo battevano col randello, perché facesse girare la pesantissima pietra. Così il mondano, accecati l’intel-letto e la ragione, è sferzato dalle sue brame a tirarsi appresso il peso della vanità di questa vita”.


(Cit. Sermoni di Sant’Antonio di Padova Ed Mess. Di Padova)








( Meditazione dagli scritti di San Padre Pio)





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“Povere sventurate quelle anime che si gettano nel turbinio delle preoccupazioni mondane; più esse amano il mondo, più le loro passioni si moltiplicano, più i loro desideri si accendono, più si trovano incapaci ai loro progetti; ed ecco le inquietudini, le impazienze, gli urti terribili che spezzano i loro cuori, che non palpitano di carità e di santo amore.Preghiamo per queste anime disgraziate, miserabili, che Gesù le perdoni e le tragga con la sua infinita misericordia a sé.”

(Cit. Epist.III, p. 416)









LA TRASFIGURAZIONE DI GESU’ SUL MONTE TABOR






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DAL VANGELO SECONDO MATTEO







[17,1] S ei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. [17,2]E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. [17,3]Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. [17,4]Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». [17,5]Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo». [17,6]All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. [17,7]Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: «Alzatevi e non temete». 17,8]Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo.





(Meditazioni dal Catechismo della Chiesa Cattolica)









554 CCC: Dal giorno in cui Pietro ha confessato che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente, il Maestro “cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme, e soffrire molto e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno” (Mt 16,21). Pietro protesta a questo annunzio, gli altri addirittura non lo comprendono. In tale contesto si colloca l’episodio misterioso della trasfigurazione di Gesù su un alto monte, davanti a tre testimoni da lui scelti: Pietro, Giacomo e Giovanni. Il volto e la veste di Gesù diventano sfolgoranti di luce, appaiono Mosè ed Elia che parlano “della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme” (Lc 9,31). Una nube li avvolge e una voce dal cielo dice : “Questi è il Figlio mio, l’elet-to; ascoltatelo” (Lc 9.35).





555 CCC: Per un istante, Gesù mostra la sua gloria divina, confermando cosi la confessione di Pie-tro. Rivela anche che, per “entrare nella sua gloria” (Lc 24,26), deve passare attraverso la croce a Gerusalemme. Mosè ed Elia avevano visto la gloria di Dio sul monte; la Legge e i profeti avevano annunziato le sofferenze del Messia. La passione di Gesù è proprio la volontà del Padre: il Figlio agisce come Servo di Dio. La nube indica la presenza dello Spirito Santo: Apparve tutta la Trinità: il Padre nella voce, il Figlio nell’uomo, lo Spirito nella nube luminosa:





“ Tu ti sei trasfigurato sul monte, e , nella misura in cui ne erano capaci, i tuoi discepoli hanno contemplato la tua gloria, Cristo Dio, affinché, quando ti avrebbero visto crocifisso. comprendessero che la tua passione era volontaria
ed annunziassero al mondo che tu sei veramente l’irradiazione del Padre”.







556CCC: Alla soglia della vita pubblica: il battesimo; alla soglia della pasqua: la trasfigurazione. Col battesimo di Gesù fu manifestato il mistero della prima rigenerazione: il nostro battesimo; la trasfigurazione è il sacramento della seconda rigenerazione: la nostra risurrezione. Fin d’ora noi partecipiamo alla risurrezione del Signore mediante lo Spirito Santo che agisce nel sacramento del Corpo di Cristo. La trasfigurazione ci offre un anticipo della venuta gloriosa di Cristo “il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3.21). Ma ci ricorda anche che “è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio” (At 14.22):





Pietro non lo capiva ancora quando sul monte desiderava vivere con Cristo.Questa felicità Cristo te la riservava dopo la morte, o Pietro. Ora invece egli stesso ti dice:Discendi ad affaticarti sulla terra, a servire sulla terra, a essere disprezzato, a essere crocifisso sulla terra.

E’ discesa la vita per essere uccisa;

è disceso il pane per sentire la fame;

è discesa la via, perché sentisse la stanchezza del cammino;

è discesa la sorgente per aver sete;

e tu rifiuti di soffrire?”







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“ Le avversità e le tribolazioni in questa vita sono le grazie più singolari. I santi si fanno in terra e non in paradiso, perciò bisogna faticare, patire, stentare quaggiù, per ottenere il premio del cielo”.

S Giuseppe da Copertino








L’ISTITUZIONE DELL’EUCARESTIA NELL’ULTIMA CENA







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DAL VANGELO SECONDO MATTEO









[26,26] O ra, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: «Prendete e mangiate; questo è il mio corpo». [26,27]Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, [26,28]perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati. [26,29]Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio».








( Dal Magistero del Santo Padre Giovanni Paolo II )






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E’ giunta l’ “ora” di Gesù. Ora del suo trapasso da questo mondo al Padre.Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, “li amò sino alla fine (Gv 13.1). L’Ultima Cena è appunto testimonianza di quell’amore con cui Cristo, Agnello di Dio, ci ha amato sino alla fine.




In questa sera i figli d’Israele consumavano l’agnello, secondo l’antica prescrizione, data da Mosè alla vigilia dell’uscita dalla schiavitù d’Egitto. Gesù fa lo stesso con i discepoli, fedele alla tradizione che era soltanto l’ “ombra dei beni futuri (Eb 10.1), soltanto la “figura” della nuova Alleanza, della nuova Legge. Che cosa significa: “Li amò sino alla fine?”. Significa: fino a quel compimento che doveva avverarsi nella giornata del Venerdi santo. In tale giorno si doveva manifestare quanto Dio ha amato il mondo, e come, in quell’amore, sia giunto al limite estremo della donazione, al punto cioè di “dare il suo Figlio unigenito” (Gv 6,16). In quel giorno Cristo ha dimostrato che non c’è “amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15.13). L’amore del Padre si è rivelato nella donazione del Figlio. Nella donazione mediante la morte. Il Giovedì santo, il giorno dell’Ultima Cena, è in un certo senso il prologo di quella donazione: è l’ultima preparazione. E, in un certo modo, quel che in questo giorno si compiva già oltre ta-le donazione. Proprio nel Giovedì santo, durante l’Ultima Cena, si manifesta cosa vuol dire: “Amò sino alla fine”.





Giustamente, infatti, pensiamo che amare sino alla fine significhi fino alla morte, sino all’ultimo respiro. Tuttavia, l’Ultima Cena ci mostra che, per Gesù, “sino alla fine” significa al di là dell’ultimo respiro.



Al di là della morte. Tale è, appunto, il significato dell’Eucaristia. La morte non è la sua fine, ma il suo inizio. L’Eucaristia ha inizio dalla morte, come insegna san Paolo: “Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finchè egli venga” (1 Cor 11,26).



L’Eucaristia è frutto di questa morte. La ricorda costantemente. La rinnova di continuo. La significa sempre. La proclama. La morte, che è diventata inizio della nuova venuta: dalla risurrezione alla Parusia, “finchè egli venga”. La morte, che è “substrato” di una nuova vita. Amare “sino alla fine” significa, dunque, per Cristo, amare mediante la morte e oltre la barriera della morte: Amare sino agli estremi dell’Eucaristia! Proprio così, Gesù ha amato in quest’Ultima Cena. Ha amato i “suoi”, coloro che allora erano con lui, e tutti quelli che dovevano ereditarne il ministero. Le parole che ha pronunciato sul pane, le parole che ha pronunciato sul calice, pieno di vino, le parole che noi ripetiamo con particolare emozione e che ripetiamo sempre quando celebriamo l’Eucaristia, sono proprio la rivelazione di quell’amore attraverso il quale, una volta per sempre, per tutti i tempi e sino alla fine dei secoli, ha distribuito se stesso. Prima ancora di dare se stesso sulla croce, come “Agnello che toglie i peccati del mondo, ha distribuito se stesso come cibo e bevanda: pane e vino, affinché “abbiamo la vita e l’abbiamo in abbondanza” (Gv 10,10). Così egli “amò sino alla fine”.


Edited by lapecorellasmarrita - 6/8/2014, 23:55

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