la lanterna

SAN GIUSEPPE

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lapecorellasmarrita
view post Posted on 9/9/2014, 01:21




SAN GIUSEPPE




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Chi è San Giuseppe, l’umile falegname sposo di Maria, singolare depositario del mistero “nascosto da secoli nella mente di Dio”, chiamato ad essere il Custode del Redentore, nutrire colui che, oggi noi fedeli, mangiamo come pane di vita eterna? È innanzi tutto l’ uomo del silenzio. Fra i vari scritti su San Giuseppe, ci stanno particolarmente a cuore e, perché no, ci commuovono, sia il bellissimo testo di Monsignor Tonino Bello “ Lettera indirizzata a San Giuseppe” che la meditazione “Sopra la natività di Nostro Signore”, di San Giuseppe da Copertino, in genere lette e meditate soltanto quando si avvicina il Natale (per quanto tentino di rubarcelo da un pezzo, riducendolo a festa pagana). Ma per adesso silenzio! , anche da parte nostra, e “ascoltiamo”, riferendoci non solo a chi è ancora fioco nella fede o lontano da Dio, ma anche a chi, pur definendosi cristiano non sa tacere (purtroppo nemmeno in Chiesa). ASCOLTIAMO quanti insegnamenti ci dà San Giuseppe nel suo silenzio, in questo mondo frastornato dal chiasso del traffico, dalle tante chiacchiere inutili, discoteche e… quando ne è fuori, si copre le orecchie con le cuffie per ascoltare i cosi detti “MP3” o radioline che siano, per non ascoltare la voce di Dio che ci parla nel SILENZIO. Coraggio! Entriamo IN SILENZIO, nella botteguccia di San Giuseppe.


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Don Tonino Bello




“Caro San Giuseppe, scusami se approfitto della tua ospitalità e mi fermo per una mezz’oretta nella tua bottega di falegname per scambiare quattro chiacchiere con te. Non voglio farti perdere tempo. Vedo che ne hai così poco, e la mole di lavoro ti sovrasta. Perciò, tu continua pure a piallare il tuo legno, mentre io, seduto su una panca, in mezzo ai trucioli che profumano di resine, ti affido le mie confidenze.Non preoccuparti neppure di rispondermi. So, del resto che sei l’uomo del silenzio. Vedi, Giuseppe, un tempo anche da noi le botteghe degli artigiani erano il ritrovo feriale degli umili, vi si parlava di tutto, di affari, di donne, di amori, delle stagioni, della vita, della morte. Il tempo passava così lento, ma forse era proprio questa lusinga di eternità a rendere preziosa un’opera di artigianato. Le cose nascevano perciò lentamente e con i tratti di una fisionomia irripetibile. Oggi purtroppo qui da noi di botteghe artigiane ne sono rimaste veramente poche. Al loro posto sono subentrate le grandi aziende di consumo: non si genera più, o meglio si concepisce solo l’archetipo, ma senza passione e con molto calcolo. Ed eccoli lì, allineati, questi elegantissimi mostriciattoli dalla vita breve, belli, ma senz’anima, perfetti, ma senza identità, lucidi, ma indistinti. Non parlano perché non sono frutto di amore, non vibrano, perché nelle loro vene non ci sono più i fremiti del tempo prigioniero. Questo è forse il sacrilegio più grave della nostra civiltà. La distruzione del tempo, e col tempo dell’amore, della fantasia, della bellezza, dell’arte. Abbiamo creduto che per fare un tavolo sia sufficiente il legno! Oh Dio! Riusciamo pure ad ammettere che per fare il legno ci vuole l’albero, e che per fare l’albero ci vuole il seme. E perfino che per fare il seme ci vuole il fiore. Ma non abbiamo più il coraggio di concludere che per fare un tavolo ci vuole un fiore! E lo lasciamo dire solo ai poeti! Ma se oggi qui da noi di botteghe artigiane è rimasto solo qualche nostalgico scampolo, non è tanto perché non si genera più, quanto perché ormai non si ripara più nulla. Da noi non si usa più! Quando un oggetto si è anche leggermente incrinato nella sua funzionalità, lo si mette da parte senza appello. La nostra la chiamiamo perciò la civiltà dell’usa e getta! Al televisore che sta in cucina si è fulminato un relè, niente paura! Viene messo da parte e sostituito con un altro che ha il video registratore incorporato. Al soprabito di velluto si è scucita la fodera? A un paio di sandali si è staccata la fibbia? Non vale la spesa ripararli! Porta via al macero, senza scrupoli.

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Ma se oggi qui da noi le botteghe artigiane sono pressoché sparite non è solo perché non si genera più e neppure perché non si ripara più nulla. È perché non c’è più tempo per la carezza. Vedi Giuseppe, da quando sono entrato nella tua bottega, quante carezze non hai fatto su quel legno denudato dalla pialla! Tutte le volte che l’hai strisciato con il ferro, subito vi sei passato sopra con la mano, leggera come per compensare con un gesto di tenerezza il trauma della violenza. E anche ora, mentre ti parlo, passi e ripassi con le dita sugli spigoli smussati dallo scalpello. Quante carezze: con le palme della mano, con i pennelli, con le spatole, con gli occhi.

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Sì, anche con gli occhi, perché, ora che hai finito una culla, sei tu che non ti stanchi di cullarla con lo sguardo. Oggi purtroppo da noi, non si carezza più, si consuma solo, anzi si concupisce. Le mani incapaci di dono, sono divenute artigli, gli occhi prosciugati di lacrime ed inabili alla contemplazione, si sono fatti rapaci, il dogma dell’usa e getta è divenuto il cardine di un cinico sistema. Perciò si violenta tutto! E non soltanto le cose Ma anche le persone! Il corpo, degradato a merce di scambio, è divenuto spazio pubblicitario e manichino per prodotti di consumo! L’eros mercantile corrode alla radice i rapporti interumani, sgretola la comunione, frantuma l’intimità, irride la famiglia, commercializza la donna. E con i postulati di marketing degli spot televisivi, spersonalizza irrimediabilmente la sessualità, riducendola ad una variabile della cupidigia di potere. Vedo, però che si fa tardi. Il sole, calando sulla pianura di Esdrelon, illumina di porpora gli ultimi contrafforti dei monti di Galilea. E io ancora non ti ho detto la ragione fondamentale per la quale sono venuto qui da te.No, non è per affliggerti con le lamentazioni mistiche sulla cattiveria dei tempi, e neppure per evitare gli incroci pericolosi della mia civiltà, che ho trovato rifugio sentimentale nell’oasi della tua bottega, dove, tra tenaglie, lime e seghetti, attaccati in bella mostra alle pareti, sono rimasti attaccati anche i ricordi del tempo che fu; anzi, se ti ho dato quest’impressione di fuga all’indietro non giudicarmi un introverso pure tu, vittima magari di un raptus da regressione; bastano già gli psicanalisti che abbiamo da noi, di fronte ai quali devi difenderti dai tuoi stessi sentimenti, se non vuoi finire nella morsa della loro logica, impietosa, almeno quanto la morsa che sta sul tuo bancone di falegname!

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Mio caro San Giuseppe, io sono venuto qui, soprattutto per conoscerti meglio come sposo di Maria, come padre di Gesù, e come capo di una famiglia per la quale hai consacrato tutta la vita.E ti dico subito che la formula di condivisione espressa da te, come marito di una vergine, la trama di gratuità realizzata come padre del Cristo, e lo stile di servizio messo in atto come responsabile della tua casa, mi hanno da sempre così incuriosito, che ora non solo vorrei saperne qualcosa di più, ma mi piacerebbe capire in che misura questi paradigmi comportamentali siano trasferibili nella nostra società dell’usa e getta.
Dimmi, Giuseppe, quand’è che hai conosciuto Maria? Forse un mattino di primavera, mentre tornava dalla fontana del villaggio con l’anfora sul capo e con la mano sul fianco, snello come lo stelo di un fiordaliso?

O forse un giorno di sabato, mentre con le fanciulle di Nazareth conversava in disparte, sotto l’arco della sinagoga?

O forse un meriggio d’estate, in un campo di grano, mentre abbassando gli occhi splendidi, per non rivelare il pudore della povertà, si adattava all’umiliante mestiere di spigolatrice?

Quando ti ha ricambiato il sorriso e ti ha sfiorato il capo con la prima carezza, che forse era la sua prima benedizione e tu non lo sapevi?

E la notte tu hai intriso il cuscino con lacrime di felicità.

E la tua amica, la tua bella si è alzata davvero, è venuta sulla strada, facendoti trasalire, ti ha preso la mano nella sua e mentre il cuore ti scoppiava nel petto, ti ha confidato lì, sotto le stelle, un grande segreto.

Solo tu, il sognatore, potevi capirla. Ti ha parlato di Jahvé. Di un angelo del Signore. Di un mistero nascosto nei secoli e ora nascosto nel suo grembo. Di un progetto più grande dell’universo e più alto del firmamento che vi sovrastava.

Poi ti ha chiesto di uscire dalla sua vita, di dirle addio e di dimenticarla per sempre.

Fu allora che la stringesti per la prima volta al cuore e le dicesti tremando:
“Per me, rinuncio volentieri ai miei piani. Voglio condividere i tuoi, Maria, purché mi faccia stare con te”. Lei ti rispose di sì, e tu le sfiorasti il grembo con una carezza: era la tua prima benedizione sulla Chiesa nascente. Penso che hai avuto più coraggio tu a condividere il progetto di Maria, di quanto ne abbia avuto lei a condividere il progetto del Signore. Lei ha puntato tutto sull’onnipotenza del Creatore. Tu hai scommesso tutto sulla fragilità di una creatura. Lei ha avuto più fede, ma tu hai avuto più speranza. La carità ha fatto il resto in te e in lei. Ma ora Giuseppe, cambiamo discorso! Sta arrivando una donna dal forno. Ecco,ti ha portato del pane,e la bottega si è subito riempita di fragranza. Si direbbe che il pane, più che per nutrire, è nato per essere condiviso: con gli amici, con i poveri, con i pellegrini, con gli ospiti di passaggio!

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E’ proprio vero, Giuseppe. Il pane è il sacramento più giusto del tuo vincolo con Maria. Lei morde ogni giorno quello di frumento, procuratole da te col sudore della fronte. Tu mordi il pane del tuo destino che l’ha resa Madre del Figlio di Dio.E’ per questo che per noi, o falegname di Nazareth, tu sei provocatore di condivisioni generose e assurde, appassionate e temerarie, al centro della sapienza e al limite della follia. Insegnaci, allora, a condividere il pane con i fratelli poveri, in questo nostro mondo, dove purtroppo muoiono ancora più di cinquanta milioni di persone per fame. Eppure il pane da segno di comunione, si è trasformato in simbolo della scomunica, ed è divenuto il discrimine sul cui filo passa la logica della guerra: viene accaparrato dagli ingordi, non condiviso dai poveri, ammuffisce nelle credenze degli avidi, non si distribuisce sulle bocche di tutti! Sovrabbonda nei bidoni della spazzatura d’Europa, ma è sparito sulle mense desolate dell’Eritrea. Trabocca senza pudore negli opulenti cenoni del Nord, ma è sogno proibito per tutti i Sud della Terra!

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Hai sentito mai dire, Giuseppe, che se i ghiacciai eterni dell’Ermon, si sciogliessero d’incanto, le acque sprofonderebbero a valle con poderose tracimazioni, il lago di Tiberiade diventerebbe un mare, il giordano strariperebbe, rompendo gli argini, e l’arsura dell’intera Palestina, verrebbe per sempre placata!E allora! Visto che presso l’Altissimo, ce ne sono poco di santi così referenziati come te, perché non provochi un fenomeno simile, scongelando le ricchezze dalle mani di pochi e travolgendo la terra in un cataclisma di pane. E se questo ti sembra un miracolo troppo grosso per i tuoi mezzi, perché almeno non persuadi la Chiesa del Duemila a farsi carico con più fiducia della sorte degli ultimi, non solo spartendo le sue ricchezze con i poveri, ma soprattutto condividendo la miseria degli esclusi.

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Oggi più che mai vogliamo sperimentarti così, quale Protector Sancte Ecclesiae, Protettore della chiesa dei derelitti, degli emarginati, dei violentati, dei palestinesi, dei marocchini, dei terzomondiali, degli sfrattati, degli sfruttati, dei prigionieri, e degli inquilini di tutte le più squallide periferie dell’umanità.

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Capisco che se non mi rispondi non è solo perché tu sei l’uomo del silenzio, ma anche perché la fornaia si è attardata nella tua bottega. Poi si è curvata, ha steso il mantello per terra e l’ha riempito di trucioli e di segatura, di ritagli e di assicelle. Ogni sera, così, lei fa il carico per accendere il forno e a te rimane il pavimento pulito e un pane di granturco per la cena.

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Silenzio Giuseppe, un carro si è fermato alla tua porta. Entra un uomo, molto stanco, e poggia sul bancone un piccolo otre di vino, e dice: “Ti ho portato un po’ di vino. è di quello buono. Bevilo Giuseppe, alla mia salute con la tua sposa. So che aspettate un figlio”.

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Beh, stasera il Signore vuole mostrarsi particolarmente generoso anche con me, perché mi ha messo sotto gli occhi un altro simbolo, quello della gratuità e della festa. Dopo il pane della fornaia, ecco il vino del carrettiere, il vino che rallegra il cuore dell’uomo. Ci vuole infatti un bel coraggio a dire che il vino è segno di gratuità e di festa, quando per noi è divenuto l’emblema drammatico dell’evasione e della fuga, che accomuna i tossici agli alcolisti, gli ultras ai barboni! Ma perché mai il vino si è pervertito in idolo fascinoso per chi getta le armi e rinuncia ad un’esistenza troppo faticosa da vivere? Il motivo c’è: abbiamo smarrito l’ebbrezza della gratuità e c’è rimasta solo l’ebbrezza dell’alcool! Sicché in un mondo regolato dai petroldollari, angosciato dai crolli di Wall Street, che si infischia dei debiti dei popoli in via di sviluppo, che è sordo alle esigenze di un nuovo ordine economico internazionale.In un mondo del genere, come può esplodere la gioia? Ci si lascia vivere! Ci si appiattisce in un’esistenza che scorre senza più stupore, senza spessore, come le immagini sul video. E noi compiamo le nostre scelte come se spingessimo i tasti di un telecomando. Crediamo di scegliere e invece siamo scelti! Si muore per anemia cronica di gioia, si moltiplicano le feste, ma manca la Festa! Se non ti dispiace, versa un poco di quel vino, in quel boccale di creta, me lo voglio portare come ricordo di quest’incontro, e anche di quell’acqua che sgocciola ancora sul pavimento, dammene un poco! Non è acqua inquinata quella! Le piogge acide, le discariche industriali e gli additivi chimici l’hanno ancora preservata, lasciandola come simbolo di purezza e di armonia ecologica. Dammi della tua acqua, la quale è molto utile, et humile, et pretiosa et casta.

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dipinto di Giustino Jacopini http://members.xoom.virgilio.it/Jacopini/biogr..htm

E visto che ci siamo, dammi anche di quel pane! No, non tutto! Spezzamelo Giuseppe! Condividilo con me! Un giorno anche tuo figlio lo spezzerà prima di morire, e la speranza traboccherà sulla terra. L’acqua, il vino, il pane: la trilogia di un’esistenza ridotta all’essenziale!

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Li porterò con me, nella bisaccia del pellegrino. Mi serviranno tanto, sulla mia strada di viandante un po’ stanco. E serviranno tanto anche alla mia Chiesa, anzi quando mi chiederà qualcosa, spero di non aver null’altro da darle che questo: né denaro, né prestigio, né potere, ma solo acqua, vino e pane!
Si è fatto tardi, Giuseppe. Nella piazza non c’è più nessuno. I grilli cantano sul cedro del tuo giardino. Nelle case, le famiglie recitano lo “Shemà Israel”. E tra poco Nazareth si addormenterà sotto la luna. Di là, vicino al fuoco, la cena è pronta. Cena di povera gente. L’acqua della fonte, il pane di giornata, e il vino di Engaddi. E poi c’è Maria che ti aspetta. Ti prego: quando entri da lei, sfiorala con un bacio. Falle una carezza pure per me. E dille che anch’io le voglio bene. Da morire! Buona notte, Giuseppe!


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NELLA QUIETE E NEL SILENZIO CAMMINA L’ANIMA DEVOTA ( Padre Pio)

“IL CULTO DEL SILENZIO”



( qualche spunto )






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Cit. “il Culto del Silenzio”
di Padre Colombano Vuilleumier



I silenzi della meditazione e della riflessione sono i momenti più alti e più pieni della nostra esistenza e, in fondo, i più consolanti, anche se talvolta i più tormentati.
Nella nostra giornata in mille cose dispersa, l’istante del silenzio ci ridona la freschezza della libertà, il vigore della volontà; sospende i mille impegni non necessari per riportarci a casa, nella nostra anima, per impegnarci con noi stessi. Fuori c’è il mondo, il rumore, la fretta e la vanità, ma non la casa che sta dentro di noi e dove si sta bene se ‘è silenzio e calma. Il silenzio medica e consola, ripara le forze e rinnova la vita, rasserena lo spirito e riposa il cuore: è pienezza spirituale, fa in noi posto a Dio, alla sua volontà. E’ l’istante della solitudine feconda in cui ci ritroviamo buoni e generosi, in armonia con tutto l’universo: ci ricordiamo del Signore.


Se almeno una volta nella vita non siamo capaci di annullarci in un silenzio assoluto, non creeremo nulla di eccezionale, né un sentimento, né una decisione, né un’opera. Solo il silenzio crea uomini grandi, fa i geni e i santi.

Nel silenzio suonano le squille di tutti i rimorsi, passano le ombre di tutte le colpe, arrivano da ogni parte i richiami del male commesso o del bene omesso. Il silenzio è decisamente scomodo, inquietante, ci rimprovera troppo!

Non per nulla lo sfuggiamo: lui solo ci pone di fronte alla nostra anima, ci ricorda e ricapitola tutta la nostra vita: è il vero rimedio, tanto più necessario quanto più ci sembra amaro.

Stare dentro di noi, di fronte a noi esige molto coraggio. Quando l’uomo sta per incontrarsi con se stesso, preferisce cambiare strada, deviare entrando in un dancing ( ora discoteche, night, club privé etc), in un bar. Il divertimento è la comoda e vile difesa contro la nostra miseria. “Il non pensarci” è appunto l’assenza di silenzio e di ogni soluzione; difesa comoda almeno fino a quando la noia e la nausea non ci afferrino alla gola per imporci quell’istante salutare o mortale di arresto.

L’uomo comune, mediocre rifugge dal silenzio come dalla preghiera. Si serve di tutti i mezzi a sua disposizione per non guardare in faccia la sua immensa povertà interiore. Anche il mondo moderno cospira contro il silenzio, lo teme perché in esso sente il proprio vuoto, il vuoto della morte e del nulla; lo scaccia col chiasso”.



EPPURE TUTTO C’INVITA AL SILENZIO




“VERSO IL PROSSIMO “




SILENZIO per evitargli pene;
SILENZIO per fargli piacere e talvolta onore;
SILENZIO per lasciarlo parlare o sfogarsi;
SILENZIO per prevenire discussioni;
SILENZIO per non scandalizzarlo;
SILENZIO per non seccarlo.


“ VERSO LA PROPRIA ANIMA “



SILENZIO per evitare il male;
SILENZIO per progredire nel bene;
SILENZIO per concentrarsi nel lavoro;
SILENZIO per guadagnare tempo;
SILENZIO per stare in pace;
SILENZIO per unirci al Signore.


“ VERSO IL SIGNORE “



SILENZIO per adorarlo profondamente;
SILENZIO per onorarlo meno indegnamente;
SILENZIO per ascoltarlo attentamente;
SILENZIO per placarlo umilmente;
SILENZIO per pregarlo intensamente;
SILENZIO per amarlo totalmente;
SILENZIO per ubbidirlo perfettamente;
SILENZIO per imitarlo santamente.


Quando il silenzio ci suggerisce di parlare, ci fa discorrere

Con modestia e con serietà,
con chiarezza e con gentilezza,
con soavità e brevità e sempre con la massima tempestività, suggerendo le parole più giuste nel momento e modo più adatti.


Direttorio della Trappa: “ Ogni vizio trova il suo sfogo nella lingua”:

la gente curiosa, indiscreta, cerca di sapere tutto, non sa tacere;
la persona vanitosa si loda e si scusa;
quella orgogliosa parla con alterigia;
la persona delatrice semina discordia;
quella bugiarda inganna e dissimula;
la persona disobbediente si lamenta e mormora;
quella permalosa giudica, condanna e uccide senza pietà;
la lingua di vipera con una sola maldicenza ferisce insieme il colpevole, la vittima e gli interlocutori!”


SPESSO SI PARLA QUANDO SI DOVREBBE TACERE E SI TACE QUANDO SI DOVREBBE PARLARE



(…) Chi vuol vivere in pace con gli altri, per esperienza esser meglio tacere nel occasioni et umilmente sopportare altri, perché se bene a noi molte volte pare che il cielo ci mova a rispondere (una via, forse la più pericolosa che satana sa consigliare come via di Dio), tuttavia si prova che gli altri si conturbano più, laonde meglio è di sopportare senza rispondere. (…) Però alle volte in tutti questi proponimenti scappa il parlare, segno che Dio così vuole.” (San Giuseppe da Copertino all’Abate Rosmi).

E’ un errore credere che sia sempre ottima cosa il tacere e male il parlare. Ci sono discorsi eccellenti come ci sono silenzi colpevoli. La lingua è buona in se stessa come tutte le cose create da Dio. Diventa strumento di male solo per il cattivo uso che ne facciamo. Il peccato non sta nell’oggetto naturale, ma solo nel soggetto morale che ne abusa.(…)

Secondo il motivo e le contingenze può essere un bene, un male, o cosa indifferente, cioè può essere immorale, amorale o morale.

Il silenzio è immorale quando è peccato o semplice imperfezione

E’ peccato se ispirato da qualche vizio come, per esempio,

la superbia: silenzio sistematico di chi si dà troppa importanza, credendosi un essere superiore, e tace per sussiego;

la disperazione, lo scoraggiamento o l’umore nero;

il rispetto umano: chi davanti allo scandalo o davanti alla calunnia tace per timore di avere delle noie mentre dovrebbe protestare o denunziare;

la viltà: un superiore che di fronte ad una trasgressione grave tace per timidità. S. Giovanni della Croce parla del peccato di taciturnità;

l’egoismo, il rancore: gelido isolamento e sussiego del super-uomo ferito o autosufficiente, tutto disprezzo verso gli altri.

La pigrizia, il broncio, la malinconia, la svogliatezza: San Basilio: “ Si renderà conto a Dio per un silenzio svogliato” “pro otioso silentio”.

Tali silenzi dell’anima occorre assolutamente evitarli perché in pieno contrasto con la carità evangelica.

G. Bernanos: nel suo romanzo “La gioia” descrive con tocchi efficacissimi lo spaventoso e totale silenzio che regna nell’inferno, dove ogni dannato è un mondo chiuso d’isolamento, di odio e di taciturnità.

E’ imperfezione se provocato da qualche leggero difetto; per esempio trascurare un’ opera di misericordia che si potrebbe fare con una buona parola, per esempio,

di conforto agli afflitti, ai malati o ai vecchi; d’incoraggiamento agli avviliti e sfiduciati, ai perseguitati;

di insegnamento agli ignoranti, agli abbandonati;

di cortesia, di gentilezza verso tutti, in particolare verso i timidi, sempre tanto bisognosi di comprensione e di affetto;

di correzione fraterna a chi commette qualche mancanza e mostra buona volontà. Trascurare tale correzione è peccato di omissione, più o meno grave secondo le circostanze. Bisogna usare la massima discrezione nella correzione o nella denunzia, essendo la reputazione, tra quelli naturali, il valore supremo, superiore alla vita stessa.

San Tommaso: ( Quodlibet II, art. 12) “ L’ordine della correzione fraterna deve essere quello della carità. Ora questa esige che si preferisca il bene della società a quello dell’individuo, e riguardo alla persona, che si preferisca il bene dell’anima alla reputazione, la reputazione alla vita, e questa a tutto il resto.

Quando si tratta di colpa che può recare alla società un danno grave ma non imminente, bisogna salvaguardare il bene dell’anima e della reputazione del prossimo e correggerlo in segreto, come vuole il Vangelo; se non accetta la correzione, chiamare un testimone, (e poi più testimoni); se neppure questo giova, denunziarlo all’autorità”.


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“Ama la verità; mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la vita ti costa persecuzione, e tu accettala; e se il tormento, e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio”. ( San Giuseppe Moscati)


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SOPRA LA NATIVITA’ DI NOSTRO SIGNORE
(di San Giuseppe da Copertino)




Avvertenza: Si tratta di meditazioni, condotte sul modulo di quelle conventuali: Composizione di luogo, tre punti, affetti, invocazione e proposito; una serie, in fondo, di pie considerazioni, intrecciate su ricordi e personali esperienze, dettate da un’anima allora assetata di conforto e di tenerezze, dove sarebbe vano e sciocco ricercare conferme di esegesi biblica o di intuizioni teologiche o di realtà mistiche. Si troveranno , ad esempio, un’evidente mescolanza tra il fatto del censimento, l’episodio evangelico del pagamento del tributo al tempio e la frase ad una domanda tranello dei suoi nemici; cosi come, l’affetto straordinario per la Madonna impedì a Fra Giuseppe di pensare che qualcuno potesse offenderla o non intenerirsi alla sua voce e alla sua presenza; nonché per il contadino, gli spensierati di Betlemme, i pastori; nel trasferire la sua esperienza di estasi e levitazione nella Beata Vergine Maria; la precedenza data alla Regina degli Angeli nel dare il via al canto dell’immenso coro di lode e di bontà e alla misericordia di Dio etc… (cit. precisazioni e riferimenti ricavati da “I tre diari dell’Abate Rosmi” Ed Mess. Padova)

“O anima mia, riposati sempre in Dio sopra tutte le cose, et in considerare li suoi gran fatti, et in particolare la sua Natività, nella quale volse nascere di Donna Vergine senza nocumento né macchia de claustri verginali di Maria. Appunto come una fonte dove si vede l’effigie, quale non si bagna e, levandosi dal fonte, esso fonte non si muove. Così il Signore nostro nè claustri verginali di Maria Vergine. Si come ancora quando uno sta davanti a uno specchio; dentro si vede la di lui effigie, quegli scostandosi dallo specchio, di vetro rimane intero, così rimasero li sacri claustri di Maria Vergine.
E per imparare ad obbedire e sopportare i travagli e i patimenti che Dio ci manda per mezzo de’ superiori, così ancora per essere umile, considera come la Santissima Vergine e San Gioseppe s’andavano preparando le cose loro per il viaggio poveri, umili, e condussero seco un asinello et un bove.

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L’asinello significa la superbia et il bove l’umiltà. Et in questo dimostrasi che l’umiltà doveva cavalcare la superbia. L’umiltà era la Beata Vergine, la superbia l’asinello. Gioseppe, per essere povero, andava a cercare li denari in prestito per pagare il tributo a Cesare e non li trovò e li fu dato il bove acciò per questo effetto lo vendesse.

Si partirono nel rigore dell’inverno per li ghiacci e nevi, morti di freddo, e la Beata Vergine andava sopra l’asinello come una nuvola che dentro vi sta il sole, o vero più chiaramente come una lanterna con il suo lume dentro, e di fuori serrata, andava per il viaggio con quel preziosissimo tesoro.



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Per la strada patirono grandissimi travagli non trovando talvolta albergo dove alloggiare, si che erano forzati a patire freddi eccessivi. Per li che si può prendere esempio dalla Beatissima Vergine di sopportare ogni benché minima angustia ricorrendo come essa faceva, all’orazione e voltando gli occhi al cielo diceva: Padre, dammi forza et aiuto, ché io possa portare questo pegno che mi hai dato. E calando gli occhi al suo santissimo ventre li sopravenne un grandissimo calore, quale andò a riverberare alla persona di Gioseppe che andava con grandissimo timore di perdere così prezioso tesoro. Ma da li in poi furono tutti ripieni d’allegrezza e camminavano senza stanchezza e fastidio alcuno.

Et una sera al tardi arrivorno ad un alloggio dove stavano certi contadini che lavoravano la terra. Et il poverello San Gioseppe bussò alla porta dimandando albergo per quella notte. Et uno di loro, senza aprire la porta, cominciò a gridare che non vi era luogo, et il povero Gioseppe con pazienza et umiltà cominciò a pregare che li facesse la carità di ricoverarli quella notte, et esso più arrogante rispondeva non essere luogo.


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Si fece avanti la Beatissima Vergine pregandoli per amor di Dio che li facessero la carità, ond’egli sentendo la voce della Beatissima Vergine, s’intenerì e mosso a compassione aprì la porta. Et essi entrarono dentro quella cappanna con stupore di quei contadini, cagionatoli dalla visita della Beatissima Vergine, et interrogandoli dei loro viaggio et a che effetto volevano condurre condurre quel bove, a’ quali rispose Gioseppe che lo volevano vendere per pagare il tributo a Cesare Augusto. Et essi cominciarono a mormorare dell’Imperatore dicendo che aveva messo bisbiglio in tutti quei paesi. E Gioseppe rispose che bisognava obedire senza cercare l’intenzione del Superiore perché così è la volontà di Dio. Impara tu, anima mia, ad essere pronta all’obedienza come fà Gioseppe et Maria, senza investigare la causa perché il Superiore ti comanda.

La mattina per tempo presero il cammino per Bethalem et arrivarono la sera sui tardi della città, quale era piena di persone e non li sentivano cantare se non cose profane.


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Et il povero Gioseppe cercava luoco per alloggiare e non ne poté trovare, anzi li decevano molte villanie e parole disoneste, ma dopo, mirando la Beatissima Vergine, rimanevano mortificati e pentiti di quello che avevano detto...


Non trovando dunque abitazione fu necessario che uscissero fuori dalla città. Dal che impara, anima mia che dentro del mondo non vi è luogo di servire Dio con tutto il cuore, onde devi, ad esempio di Maria e di Gioseppe, partirti dalli passatempi del mondo et andare nelli luoghi solitarij per stare con la mente sollevata et unita a Dio.

Uscirono dunque fuori dalla città quasi cento passi e trovarono una grotticella in cui entrarono dentro et accomodarono li loro animali stando in quel oscuro luogo senza lume onde cominciarono a piangere. E Gioseppe diceva: O Padre eterno, non potevi trovare un altro maggior di me che guidasse e custodisse questo gran tesoro: la Madre con il Figliol vostro? E frattanto Maria s’addormentò. Finita che ebbe Gioseppe la sua orazione, s’addormentò nel mezzo della notte. E Maria, con nuovi gaudij et alegrezza, si svegliò e con grandissima umiltà bagiò la terra. Poi, voltando gl’occhi e le mani al Cielo, con grandissimo fervore diceva: Padre Eterno, quando uscirà questo sole dalla nuvola di questo virgineo ventre per riscaldare gl’agghiacciati dal peccato? Quando s’aprirà questa lanterna serrata per dar lume alle tenebre delle colpe? E mentre diceva queste parole si sollevò un palmo da terra con gl’occhi fissi al cielo e le braccia aperte e poi se ne venne in sé e rimase attonita e piangendo e rallegrandosi per vedere il suo bel bambino nella nuda terra cinto di raggi con li quali illuminava tutta la grotticella come se fosse stato mezzo giorno.



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Gioseppe tutto meravigliato si svegliò e vide la Beatissima Vergine che si levava il velo di testa e lo poneva sopra il suo Bambino. E Gioseppe pigliò subito del fieno e l’accomodarono nella mangiatoia degli animali, quali prostrati a terra l’adorarono come loro creatore.

E la Beata Vergine cantò con voce alta: Gloria in excelsis Deo! E gli angeli risposero cantando: Et in terra pax hominibus bonae volunctatis. E fu subito ripiena d’angeli quella grotticella, quali tutti adorarono il bambino Giesù e molti di loro andarono ad annunciarlo ai pastori, quali con stupore svegliati, tutti insieme andarono con gli angeli alla grotticella dove stava il Bambino. Gl’Angeli si partirono e lasciarono lì i pastori soli.

Quelli, con gran alegrezza e quasi fuori di sé, pigliarono li suoi stromenti e cominciarono in grand’ armonia a suonare, mirando il bel Bambino che con le sue piccole manuccie si leva il velo e mirava li semplici pastori, a’ quali pareva sentirsi abbrugiare il cuore et ognuno desiderava bagiarlo.

Finito che ebbero di suonare, rimasero quasi fuori di sé e poscia rinvenuti in se stessi bagiarono il bel Bambino Giesù, per il che rimase nella loro bocca una grandissima soavità e dolcezza, quale portarono per tutto il corso della loro vita.

Partiti li pastori, la Beatissima Vergine si pose a sedere per fasciare il Bambino Giesù e Gioseppe tenevalo in braccio e soavemente lo bagiava et il bambino con la sua manuccia se gl’attaccava alla barba et egli piangeva per l’intero gaudio che nel suo cuore sentiva.

Di poi lo diede alla sua madre che lo pose nelle fasce. Et egli cominciò a piangere facendo piangere per tenerezza anche la madre, quale per quietarlo gl’incominciò a dare il latte, ma Esso invece del latte si pasceva delle lacrime che in abbondanza sgorgavano per gli occhi di Maria, quali lacrime gli uscirono poi per il costato quando ricevé la lanciata in croce.
Di dove impara, anima mia, che le lacrime et il dolore piacciono assai al Signore Dio, quando sono per amor suo.

Cessato di piangere la Beatissima Vergine, li vennero in pensiero tutti gli flagelli che doveva patire il suo Figlio in questa valle di miseria per redimere col suo preziosissimo sangue tutto il genere umano, e diceva queste parole: Figlio mio Giesù, quanto sono differenti questa notte che è diventato giorno e quel giorno che patirai sopra la croce, quale diventerà notte.

In questa notte sei lodato dagli Angioli et in quel giorno queste belle mani e piedi saranno distesi sopra il duro legno della croce. In questa notte sei stato lodato dai pastori con loro semplici stromenti et in quel giorno sarai sotto il legno della croce disonorato con trombette da perfidi Giudei.



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Questa notte sei stato coperto e fasciato in questi pannicelli et allora sopra la croce ignudo non ti potrò coprire.

Qui ti dò il mio latte, le mie lacrime sopra la tua sagratissima bocca e colà sopra la croce tua daranno gl’Ebrei fiele e aceto.


Da questo puoi cavare, anima mia, che l’allegrezza sempre va accompagnata col pianto.

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Considera ancora come cristo incominciando piccolo a patire, dovremo piangere noi e batterci con una pietra il petto pensando a tanta umiltà di nostro Signore. E se volemo tenerlo in braccio come fece Gioseppe, bisogna che accomodiamo la grotticella dell’anima nostra, leghiamo l’intelletto, memoria e volontà, ed offeriamole a Dio con fare una buona confessione et aver pentimento de’ nostri peccati, e dopo andare all’altare dove lo vedremo e gusteremo non già ignudo, come fece Gioseppe, ma coperto di bianchezza et entrerà nella grotticella del nostro cuore.


Cit: opuscolo IV centenario della nascita di San Giuseppe da Copertino
Basilica S. Giuseppe da Copertino Osimo



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L’UMILTA’
(qualche cenno)





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Cit. dal libro “L’umiltà”
Di Padre Colombano Vuilleumier



L’umiltà è la virtù più necessaria e ignorata!

Difficile definirla, più difficile ancora praticarla!




“ Si trovano spesso persone che protestano di valere poco o nulla, di essere misere, imperfette, abiette, ma che non sopporterebbero che loro si dicesse la minima parola di disprezzo senza lagnarsene subito. Se poi scorgete in esse qualche difetto, guardatevi bene di correggerle, perché se ne sentirebbero offese.

Non chiamo neppure umiltà tutto quel complesso cerimonioso di parole e di gesti, di riverenze e d’inchini, di baciamani e di baciamenti di terra, quando non è ispirato, come troppo spesso accade, dal minimo sentimento della propria abiezione né dalla stima del prossimo. Tutto ciò non è che vano divertimento di spiriti deboli, un fantasma di umiltà. Che le nostre dimostrazioni di umiltà siano sincere, bonarie!

Il vero umile non fa mostra di essere tale. Non dice parole di umiltà, perché l’umiltà non solo desidera occultare le altre virtù, ma ancora principalmente se stessa! O non diciamo parole di umiltà o diciamole con sincerità. Perciò, meglio non parlare mai di sé in termini di umiltà” (San Francesco di Sales).


“Parlare di sé è pericoloso quanto camminare sulla fune! Più pericoloso ancora parlarne male. Chi, infatti, parlando così, desidera sinceramente di essere creduto e non cerca inconsciamente di cattivarsi la stima? E’ l’umiltà al servizio o strumento della superbia. Si ostenta di nascondersi per essere ricercato, di dire male di sé per farne dire il bene, si domanda di essere corretti per essere complimentati, si esagerano i propri difetti o torti, e quanto meno si è creduto, tanto più insiste! Questa è “ umiltà a uncinetto” perché attira complimenti come con l’uncino si attirano oggetti troppo lontani. E’ di marca proprio diabolica perché tutta sostanziata di orgoglio e d’ipocrisia come il diavolo. La vera umiltà, invece, ignora se stessa”.

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COME SARA’ SAN GIUSEPPE IN CIELO?



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In questo mese d’agosto, stranamente, mentre intendevo prepararmi per la solennità dell’Assunzione di Maria, non potevo fare a meno di pensare e ripensare a San Giuseppe, scelto ad essere fedele Vicario del Padre Celeste, chiedendo al Signore se non avesse trovato un modo per averlo accanto a Sé, in anima e corpo, come la sua Mamma.

Nell’Imitazione di Cristo, che Bossuet definiva il “quinto Vangelo”, (libro che consiglio a tutti di gustare per chi non l’avesse letto, pur non essendo né un libro teologico o devozionale, né proponga un modello – Gesù di cui farsi imitatore,ma certamente per secoli il libro più letto dopo il Vangelo, meditato nei monasteri, letto nella vita religiosa e sacerdotale),


il Diletto, (Gesù) “dice” :




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(immagine by Jon McNaughton)


“ O figlio, guardati dal voler disputare delle cose del cielo e degli occulti giudizi di Dio (…) Tu devi venerare i miei giudizi, non discuterli, perché essi sono incomprensibili per l’intelletto umano. Neppure devi indagare e discutere dei meriti dei beati: chi sia più santo o chi sia più grande nel regno dei cieli (…)

Molti cercano di sapere chi sia il maggiore nel regno di Dio, e non sanno neppure se saranno degni di essere colà annoverati anche tra i più piccoli. (…)”


Verissimo! Ma avendo Tu stesso rivelato, caro mio Buon Gesù, elogiando Giovanni Battista, ch’egli, oltre ad essere più di un profeta, tra i nati di donna non è sorto uno più grande di lui, ma che” tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui”( Mt. 11,11 ), permettimi di chiedermi chi possa essere “quel più piccolo”, perché a me pare d’intravedere San Giuseppe.

E infatti , vado scoprendo che più di qualcuno, In quel “più piccolo” del Vangelo, vede San Giuseppe e, sempre pensando e ripensando al tuo Custode, mi è tornata in mente una omelia del mio caro padre spirituale di Modena, dei Giuseppini del Murialdo, nella quale, più o meno cosi, confidava “di vedere monca la Sacra Famiglia in Cielo , immaginandosela senza San Giuseppe in anima e corpo”.


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Padre Colombano Vuilleumier scrive;

(…)”L’uomo apparentemente meno importante di fronte alla società religiosa e civile del suo tempo, perché semplice operaio e operaio povero, male pagato.
Dinnanzi allo Stato ebraico, Giuseppe era soltanto un artigiano, un falegname senza privilegio economico né prestigio culturale, senza titolo o ufficio pubblico. Non poteva vantare nemmeno la paternità carnale. Appariva come il tipico bracciante che passa tutta la vita nel nascondimento e nel lavoro.

Agli occhi della Sinagoga ( o del Tempio), Giuseppe è un fedele senza nessun particolare ministero o carisma. Non ha neppure ricevuto un sacramento dalla Chiesa non ancora fondata. Esercita l’autorità paterna solo come un servizio. Delle sue parole, nessun ricordo; del suo corpo, nessuna reliquia; della sua tomba, nessuna traccia! La sua esistenza è fatta di silenzio e di pazienza, scorre nella più assoluta semplicità, umiltà, obbedienza. Non predica, soltanto pratica. Fatti, senza parole!

Il suo martirio: la monotonia della fatica quotidiana, ma sopportata con tanto amore!

S Giuseppe c’insegna il valore soprannaturale dell’umile lavoro, dovere fondamentale, compiuto in spirito di obbedienza al Creatore e per amore verso Gesù e Maria. Per questo, Giuseppe, il più piccolo e umile sulla Terra, supera, primeggia su tutti gli altri Santi in Cielo.(…)”


MA GUARDA COSA MI FAI FARE, CARO SAN GIUSEPPE CON IL TUO SILENZIO!




( Tanto meglio così perché spulciando,meditando e ragionando, ripassiamo un po’ di catechismo e, prepariamo gli amici di questo Blog, ( che fin qui hanno avuto la pazienza di seguirci ), alla prossima etichetta che “posteremo”: “Piccolo Catechismo illustrato”.


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Come dovrebbe essere chiaro a tutti i Cattolici, ma sentendone parlare più di uno purtroppo non è cosi, quando l’uomo nasce è schiavo del demonio, meritevole di pena, conseguentemente al peccato originale commesso dai nostri progenitori ( vedi etichetta 2 );

per tale motivo la Chiesa, nel fare memoria dei Santi, non festeggia il giorno della loro nascita, ma quello della morte o, se preferite, ed è a nostro avviso più adeguato, del ”transito“ ( “ I Santi si fanno in terra non in Paradiso…” dice S. Giuseppe da Copertino). Perché? perché in quel giorno, morto al mondo, il Santo nasce in Cielo, poiché quando l’uomo nasce è schiavo del demonio.

il Battesimo, infatti, è uno dei due Sacramenti dei morti, perché l’effetto di questi è di cancellare il peccato, che è la morte dell’anima, (ecco il punto della questione) e di darle la grazia, che n’è la vita, come si diceva più semplicemente una volta, e della fede , perché segna l’ingresso sacramentale nella vita di fede, libera dal peccato e dal suo istigatore, il diavolo e vengono pronunziati uno ( o più) esorcismo (i) (Vedi: Catechismo della Chiesa Cattolica dal nr 1234 al nr 1245).

Viceversa, quella che veniva chiamata “ estrema unzione”,il sacramento dell’Unzione degli Infermi amministrato a un moribondo, è uno dei sacramenti dei vivi, ( ma guarda!) perché l’effetto di questi è di accrescere la grazia; perciò chi li riceve deve essere già vivo alla grazia.

Ecco perché ci sono tanti morti che si credono vivi, e tanti, che crediamo morti, mentre sono più vivi di noi se, disgraziatamente, siamo in peccato mortale ( il becchino incassa il cadavere, ma non l’anima, sia chiaro! , perché l’anima si è già presentata davanti a Dio ed è stata giudicata.)


Tre sole eccezioni vengono fatte dalla Chiesa, ossia;




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la Natività di Gesù , essendo Dio fatto Uomo , quindi Santo per natura (“Cosa grande ha fatto amore, creatura il Creatore” – San Giuseppe da Copertino -);


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la Natività di Maria Vergine; perché preservata dal peccato originale ( Poiché il Verbo, seconda persona della santissima trinità, non poteva macchiarsi,anche la Madre non poteva che essere preservata dalla macchia originale ed essere Immacolata (vedi etichetta 4);


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La Natività di San Giovanni Battista; perché santificato prima di nascere, allorché Elisabetta ricevette la visita della cugina, la Vergine Benedetta (..il Figlio di Dio scende in terra per debellare il peccato, per estirparlo fin dalla radice nell’intento di riscattare gli uomini,spinge Maria a recarsi da Elisabetta, perché ancora prima di nascere gli preme di redimere l’anima di Giovanni, vuole purificarla dal peccato originale e investirla di una grazia tale che nessun peccato grave possa sfigurarla finché vivrà” . San Carlo Borromeo (vedi etichetta 5/1 );


E PER QUANTO RIGUARDA SAN GIUSEPPE?




Vediamo quali sono i dogmi, verità rivelate da Dio e insegnate dalla Chiesa ai fedeli come principi di fede immutabili, necessari e indispensabili per dirsi cattolici,da credersi cosi come sono, anche se incomprensibili o ingiustificabili alla mente umana; ( e si perché con le nostre povere menti possiamo ragionare e studiare finché vogliamo, ma non comprenderemo nulla finché non saremo illuminati dall’alto, ecco la fede: ” Credere per provare “ e non, come più erroneamente suol dirsi, “provare per credere”.


Ecco i Dogmi;




Gesù Cristo è il Figlio di Dio, generato, non creato, consustanziale al Padre, eterno e immutabile;

“Dio è uno e trino”

Gesù Cristo è vero Dio e vero Uomo;

Maria è Madre di Dio;

Verginità di Maria;

Transustanziazione;

Esistenza del Purgatorio;

Immacolata Concezione di Maria;

Infallibilità papale;

Assunzione di Maria;



E San Giuseppe? Mi dispiace, se l’Assunzione di Maria è un dogma, non si parla di “Assunzione di Giuseppe”

Anche consultando l’indice del Catechismo della Chiesa Cattolica su San Giuseppe troviamo pressoché nulla. ( E’ proprio l’ umile uomo del silenzio ! )



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Annuncio dell’Angelo a Giuseppe, nr 497,1846 Temi già trattati in altre etichette “GESU’ E’ DIO”

Compito e vocazione di Giuseppe, nr 437; Tema già trattato in altre etichette “Gesù è Dio”

Festa di San Giuseppe, nr 2177; Giorni festivi di precetto, oltre la celebrazione domenicale, devono essere osservati i giorni del Natale del Signore Nostro Gesù Cristo, dell’Epifania, dell’Ascensione e del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, della Santa Madre di Dio Maria, della sua Immacolata Concezione,di San Giuseppe, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, e infine di tutti i Santi.

In Italia, la Conferenza episcopale ha abolito il carattere di festa di precetto di due solennità;

San Giuseppe
San Pietro e Paolo



DECLASSATI? Tutt’altro, la ragione di ciò risiede che una legge civile del 1977 ne ha soppresso il carattere festivo civile.

Precetto o non precetto, Papa Leone XIII, nell’ Enciclica “Quamquam pluries” (15 agosto 1889), data nel suo dodicesimo anno di pontificato,il 15 Agosto 1889, scrisse: (…) In qualche luogo è invalsa la lodevole e salutare consuetudine di dedicare il mese di marzo all’onore del Santo Patriarca, con esercizi quotidiani di pietà. Dove non si possa facilmente stabilire questa pratica, è almeno desiderabile che, prima del giorno della sua festa, si faccia nella Chiesa principale dei singoli luoghi un triduo di preghiere.
Nei luoghi poi dove il 19 marzo, dedicato a San Giuseppe, non sia computato tra le feste di precetto,
TUTTI I FEDELI SANTIFICHINO, PER QUANTO E’ LORO POSSIBILE, DETTO GIORNO, CON PRATICHE PRIVATE DI PIETA’, IN ONORE DEL LORO CELESTE PATRONO, COME SE FOSSE FESTA DI PRECETTO(…)”


Gesù sottomesso a Giuseppe,nr. 532; (…) L’obbedienza di Cristo nel quotidiano della vita nascosta inaugurava già l’opera di restaurazione di ciò che la disobbedienza di Adamo aveva distrutto.

Giuseppe patrono della buona morte, nr. 1014; La Chiesa ci incoraggia a prepararci all’ora della nostra morte (“dalla morte improvvisa, liberaci, Signore”: antiche Litanie dei santi), a chiedere alla Madre di Dio di intercedere per noi “ nell’ora della nostra morte” (“Ave Maria”) e ad affidarci a san Giuseppe, patrono della buona morte: (…)


Null’altro !

Se Maria, come dice sant’Antonio di Padova nei Sermoni, parlò solo sei volte, ( ved etichetta 5/D) San Giuseppe, come dice Padre Colombano Vuilleumier, pratica: Fatti senza parole

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E su alcuni Siti Cattolici d’ Internet? ;



Si dice che;

San Giuseppe morì e fu sepolto; però non pochi credono che il suo corpo sia risuscitato ed ora si trovi in Cielo. Ancora la Chiesa non ha definito questa verità quale dogma di fede, ma i Padri della Chiesa ed i maggiori Teologi sono d'accordo nell'affermare che San Giuseppe sia già nel Paradiso in corpo ed in anima, come lo è Gesù e la Madonna. Nessuno ricerca o dice di avere qualche reliquia del corpo di San Giuseppe. Già ma ci sono Teologi e Teologi, senza aver la presunzione di saperne più di loro e, da quanto apprendiamo, circa le affermazioni dei Padri della Chiesa, secondo il detto di Sant’Agostino:


“Bisogna pesare le loro voci e non contarle” (Contra Iul..2,35)




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PESIAMO.


Visitando un Sito Cattolico, leggiamo;


Non in tutto i Padri della Chiesa sono strumenti sicuri delle verità rivelate. Più di una volta infatti hanno corretto se stessi, e, non di rado, solo dopo un severo esame e vivaci dispute sono giunti a una più esatta esposizione della dottrina tramandata.

Occorre inoltre tenere presente che i loro talenti intellettuali sono assai diversi; che sono anelli nella trasmissione della dottrina, non il termine; che non sono ispirati ed esenti da errori; che i loro scritti sono per lo più occasionali, di circostanza e non esposizioni sistematiche delle verità di fede; che prima delle controversie parlano spesso senza precauzioni. ( Si veda,ad esempio, la discordanza dei Padri della Chiesa riguardo alla prima apparizione di Cristo risorto: se secondo una tradizione popolare, basata sulla intuizione del cuore, Egli apparve a sua Madre prima che a qualsiasi altra persona, non tutti i Padri della Chiesa sono d’accordo su questo. Cit. staff, rif. Mons. Girolamo Grillo)


Quindi?

Per valutare convenientemente l'autorità dei Padri della Chiesa, i teologi sogliono proporre le seguenti norme:

a) NESSUN PADRE PER SE’ E’ INFALLIBILE, ECCETTO IL CASO CHE SIA STATO PAPA E ABBIA INSEGNATO EX CATHEDRA, O SE ED IN QUANTO I SINGOLI PASSI DEI SUOI SCRITTI SIANO STATI CONVALIDATI DA UN CONCILIO ECUMENICO; è stata perciò giustamente riprovata da Alessandro VII l'esagerazione dei giansenisti, che giunsero a preferire l'autorità di un solo Padre (in concreto, S. Agostino) al magistero vivente della Chiesa (Denz-U, 320);

c) QUALORA MANCHI TALE CONSENSO, LA DOTTRINA DI UNO O PIU’ PADRI, SPECIALMENTE SE CONTRASTA CON QUELLA DI ALTRI, NON E’ DA AMMETTERSI COME CERTA,
non per questo però deve essere trascurata.

d) I Padri che, con l'approvazione della Chiesa, si sono distinti nel combattere speciali eresie, valgono come autorità classiche nei dogmi relativi. Così S. Cirillo Alessandrino nella cristologia e S. Agostino nella dottrina della Grazia.

www.monasterovirtuale.it/patristica.html


Si legge nel Vangelo di San Matteo: Quando Gesù risuscitò da morte, i sepolcri si aprirono e molti corpi di Santi, che erano morti, risuscitarono e apparvero a molti. (S. Matteo XXVII - 52).

Effettivamente;

Dal Vangelo secondo Matteo;

(50) E Gesù, emesso un alto grido, spirò.( 51) Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, (52) i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.(53) E uscendo dai sepolcri, dopo la risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.

Si continua;

La risurrezione di questi giusti non fu temporanea, come quella di Lazzaro, ma fu definitiva, cioè invece di risorgere essi come gli altri alla fine del mondo, risuscitarono prima, per rendere onore a Gesù, Trionfatore della morte.

Quando Gesù salì al Cielo, il giorno dell'Ascensione, costoro entrarono gloriosi nel Paradiso.
Se questo privilegio ebbero tanti Santi dell'Antico Testamento, è da pensare che l'abbia avuto a preferenza San Giuseppe, il quale a Gesù era più caro di qualsiasi altro Santo. Fra quelli che formavano il corteggio del Cristo risorto, nessuno più di San Giuseppe aveva il diritto di avvicinare la sua Sacra Persona.



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San Francesco di Sales nel Trattato sulle virtù di San Giuseppe dice: Se noi crediamo che in virtù del Santissimo Sacramento che riceviamo, i nostri corpi risorgeranno nel giorno del Giudizio, come potremo dubitare che Gesù non abbia fatto salire al Cielo con sé, in anima e corpo, il glorioso San Giuseppe, il quale aveva avuto l'onore e la grazia di portarlo così sovente sulle sue braccia e di accostarlo al proprio cuore?... Io tengo per certissimo che San Giuseppe sia in Paradiso in anima e corpo. –


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San Tommaso d'Aquino dice: Quanto più una cosa si avvicina al suo principio, in qualsiasi genere, tanto più partecipa degli effetti di quel principio. Come l'acqua è tanto più pura, quanto più è vicina alla sorgente, il calore è più ardente, quanto più ci si avvicina al fuoco, così San Giuseppe, che fu vicinissimo a Gesù Cristo, dovette ottenere da Lui una maggiore pienezza di grazia e di predilezione.


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San Bernardino da Siena un giorno predicava a Padova sul Patriarca San Giuseppe. Ad un tratto esclamò: San Giuseppe è glorioso in Cielo, in corpo ed in anima. - Immediatamente si vide apparire sulla testa del santo predicatore una croce d'oro risplendente, quale testimonianza celeste della verità di questa affermazione. Tutto l'uditorio constatò il prodigio.

Sempre secondo San Bernardino da Siena: Come Gesù fece salire al Cielo gloriosa in corpo e anima Maria Vergine, così nel giorno della sua risurrezione unì pure con sé nella gloria San Giuseppe.
Come si è detto, coloro che risuscitarono quando risorse Gesù, apparvero a molti. E' logico affermare che Gesù Cristo, appena risorto, sia apparso alla Vergine Santissima e l'abbia confortata mostrandole il suo stato glorioso.

Nel Sito consultato, si conclude con San Bernardino da Siena: Come Gesù fece salire al Cielo gloriosa in corpo e anima Maria Vergine, così nel giorno della sua risurrezione unì pure con sé nella gloria San Giuseppe.

Come la Sacra famiglia visse assieme una vita laboriosa ed amorosa, così è giusto che ora nella gloria dei Cieli regni assieme con l'anima e il corpo.


http://rosarioonline.altervista.org/index....pe-1&ngiorno=15


Accertata la fonte di quanto riportato dal Sito Cattolico “ il Rosario on line”, (che non viene indicato come “sito da discernere”), abbiamo scoperto che si tratta di una fedele trascrizione del contenuto di meditazioni e preghiere di Don Giuseppe Tomaselli. ( “Mese a San Giuseppe, 15° giorno”.)

www.preghiereagesuemaria.it/libri/m...20tomaselli.htm


Chi è, Don Giuseppe Tomaselli?


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Un prete che mi sarebbe piaciuto conoscere, da quanto apprendo di lui. Si dice che, quando morì a Messina nella notte tra l' 8 e il 9 maggio del 1989 in molti lo rimpiansero, sapevano che era morto un prete straordinario, un eroico sacerdote cattolico che amava Dio con tutto il suo cuore e il prossimo come se stesso. Si, dico io misero, la mia modesta esperienza m’insegna, che non tutti i preti sono uguali e che, nel celebrare la Santa Messa, non è vero che un sacerdote vale quant’un altro,” perché tutto dipende, cosi come per noi fedeli, dalla partecipazione interiore. Quindi non ci si meravigli se un sacerdote che celebra con più partecipazione interiore, quindi più unione a Gesù, più ottiene grazie per sé e per tutti i fedeli presenti, assenti e coloro che sono lontani”. (Lo vedremo in un’altra etichetta da postare sulla Santa Messa, illustrando e commentando una citazione di Padre Scorzaro – nota pecorella smarrita -).


http://libritomaselli.altervista.org


Torniamo a San Giuseppe, cosa dicono i Pontefici?


Cit: Sito Vaticano (vedi link) e spunti ampliati e adattati presi da: “Preghiere a San Giuseppe” Editrice Shalom Cod .8115

La Chiesa onora san Giuseppe Lettera Apostolica “Le voci” di Giovanni XXIII

www.vatican.va/holy_father/john_xxi...iuseppe_it.html



La Chiesa prega san Giuseppe Enciclica “ Quamquam pluries di Leone XIII

www.vatican.va/holy_father/leo_xiii...pluries_en.html

(reperita soltanto la versione in lingua inglese da tradurre)


La Chiesa si affida a San Giuseppe Lettera Apostolica “Neminem fugit” di Leone XIII

www.murialdo.it/index.php?method=section&action=zoom&id=6207


La Chiesa imita san Giuseppe Lettera Apostolica “Redemptoris custos” di Giovanni Paolo II

www.vatican.va/holy_father/john_pau...-custos_it.html



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Pio IX: Già dal 1854 aveva indicato in San Giuseppe la più sicura speranza della Chiesa dopo la Santa Vergine: e l’8 Dicembre 1870, a Concilio Vaticano sospeso dagli avvenimenti politici, colse la felice coincidenza della festa dell’Immacolata per la proclamazione più solenne ed ufficiale di San Giuseppe a Patrono della Chiesa Universale e per la elevazione della festa del 19 marzo a celebrazione liturgica di rito doppio di prima classe. (8 dicembre 1870 , Decreto “Urbi et Orbi”


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Leone XIII: Per la festa dell’Assunta del 1889 esce con la lettera “Quampuam pluries”,OO documento più ampio e copioso che un Papa abbia mai pubblicato ad onore del padre putativo di Gesù, elevato nella sua luce caratteristica di modello dei padri di famiglia e dei lavoratori.OO E’ di là che si iniziò la bella preghiera: “A te, o beato Giuseppe”, che qui riportiamo;

A te o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione, ricorriamo e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa. Deh! Per il sacro vincolo di carità che ti strinse all'Immacolata Vergine Madre di Dio e per l'amore paterno che portasti al Fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità che Gesù Cristo acquistò con il Suo Sangue e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni. Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l'eletta prole di Gesù Cristo, allontana da noi, o Padre amatissimo, codesta peste di errori e di vizi che ammorba il mondo; ci assisti propizio dal cielo in questa lotta contro il potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; stendi ognora sopra ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mercé il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l'eterna beatitudine in cielo. Così sia.



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Pio X Aggiunse a quelle di Papa Leone espressioni molteplici di devozione e di amore per San Giuseppe, accogliendo la dedica fatta a lui di un trattato che ne illustra il culto e moltiplicando il tesoro delle indulgenze sopra la recita delle Litanie. “ Il Santissimo nostro Papa Pio X ama con particolare e costante venerazione l’inclito Patriarca San Giuseppe, padre putativo del Divino redentore, Sposo purissimo della Vergine Madre di Dio e potente Patrono presso Dio della Chiesa Cattolica, del cui glorioso nome è fregiato fin dalla nascita.”


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Benedetto XV: Allo scoppiare della prima guerra mondiale, mentre gli occhi di San Pio X si socchiusero alla vita di quaggiù, ecco levarsi provvidenzialmente Papa Benedetto XV ed attraversare consolazione gli anni dolorosi dal 14 al 18. Anch’egli tenne ben presto a promuovere il culto del Santo Patriarca. E’ a lui infatti che si deve la introduzione dei due prefazi al Canone della Messa: quello appunto di San Giuseppe e quello della Messa dei morti, associando l’uno e l’altro felicemente in due decreti dello stesso giorno, 9 aprile 1919, come a un richiamo di una concomitanza e fusione di dolore e di conforto tra le due famiglie: quella celeste di Nazaret, di cui San Giuseppe era il capo legale, e l’immensa famiglia umana afflitta da universale costernazione per le innumerevoli vittime della guerra devastatrice..(…) Che mesto, ma insieme soave e felice accostamento: San Giuseppe da una parte, e dall’altra il “ signifer sanctus Michael”: ambedue in atto di presentare le anime dei defunti al Signore “ in lucem sanctam”.(…)Nell’anno successivo, il 25 luglio 1920, Papa Benedetto tornava in argomento nel cinquantenario allora in preparazione della proclamazione, già compiuta da Pio IX, di San Giuseppe a Patrono della Chiesa universale.



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Pio XI : “In solenni allocuzioni di vario riferimento ad illustrazione di nuovi Santi e spesso nelle annuali ricorrenze del 19 marzo, così nel 1928, nel 1935 ed ancora nel 1937, colse l’occasione di esaltare le varie luci di cui si adorna la fisionomia spirituale del Custode di Gesù, dello Sposo Castissimo di Maria, del pio e modesto operaio di Nazaret, e del Patrono della Chiesa Universale, egida potente di difesa contro gli sforzi dell’ateismo mondiale, inteso al dissolvimento delle nazioni cristiane”.



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Pio XII : colse egualmente dal suo antecessore la nota maestra nello stesso tono, lui pure in numerose allocuzioni, sempre così belle, vibranti e felici. Come quando il 10 aprile del 1940 invitava i giovani sposi a porsi sotto il sicuro Manto dello Sposo di Maria; e nel 1945 chiamava gli iscritti alle Associazioni Cristiane dei Lavoratori ad onorarlo come alto esempio, e come invitta difesa delle loro schiere; e dieci anni dopo, nel 1955 annunciava la istituzione della festa annuale di San Giuseppe artigiano fissata al 1° maggio, viene a sopprimere quella del mercoledi della seconda settimana dopo l’ottava di Pasqua, mentre la festa tradizionale del 19 marzo seggnerà in futuro la data più solenne e definitiva del Patrocinio di san Giuseppe sopra la Chiesa universale.
Lo stesso Santo Padre Pio XII si compiacque ornare come di preziosissima corona il petto di San Giuseppe di una fervida preghiera proposta alla devozione dei sacerdoti e fedeli di tutto il mondo, arricchendone la recita di Indulgenze copiose.

Una preghiera a carattere eminentemente professionale e sociale, come si addice a quanti sono soggetti alla legge del lavoro, che è per tutti “legge di onore, di vita pacifica e santa, preludio della felicità immortale”, “Siate con noi, o san Giuseppe”



“O S. Giuseppe, nei nostri momenti di prosperità,
quando tutto ci invita a gustare onestamente i frutti della nostra fatica;
ma siate con noi soprattutto e sosteneteci nelle ore della tristezza,
quando sembra che il cielo voglia chiudersi sopra di noi
e che per sino gli strumenti del nostro lavoro debbano sfuggire dalle nostre mani”


Cfr. AAS. vol. L [1958], pp. 335-336.

www.vatican.va/holy_father/john_xxi...iuseppe_it.html



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Giovanni XXIII: L a sua lettera apostolica Le voci ( 19 marzo 1961), è un “serto di onore“ che raccoglie le “ le voci e i documenti da Pio IX a Pio XII” a dimostrazione del suo culto “penetrato dagli occhi nel cuore dei fedeli ed espresso in “elevazioni speciali di preghiera e di fiducioso abbandono”. Nel 1962 stabilì l’inserimento di “San Giuseppe suo sposo” nel Canone della Messa accanto al nome della beata Vergine Maria ( Nel sacrificio eucaristico la Chiesa venera la memoria anzitutto della gloriosa sempre Vergine Maria, ma anche del beato Giuseppe - cfr. “Missale Romanum”, “Prex Eucaristica 1”, perché “nutrì colui che i fedeli dovevano mangiare come pane di vita eterna” – S. Rituum Congrg., “Quemadmodum Deus”, die 8 dec 1870: Pii IX P.M. Acta”, pars I, vol V, 282 - nota aggiunta -); lo stesso vale per la preghiera “ A te, o beato Giuseppe” da recitare a conclusione del Santo Rosario.

19 marzo 1961, anno terzo del nostro pontificato;

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PREGHIERA DI PAPA GIOVANNI XXIII


O S. Giuseppe,
scelto da Dio per essere su questa terra
custode di Gesù e sposo purissimo di Maria,
tu hai trascorso la vita
nell'adempimento perfetto del dovere, sostentando col lavoro delle tue mani
la Santa Famiglia di Nazareth,
proteggi propizio noi che, fiduciosi, ci rivolgiamo a te. Tu conosci le nostre aspirazioni,
. le nostre angustie le nostre speranze:
a te ricorriamo,
perché sappiamo di trovare in te chi ci protegge. Anche tu hai sperimentato la prova,
la fatica, la stanchezza;
ma il tuo animo, ricolmo della più profonda pace, esultò di gioia per l'intimità
con il figlio di Dio a te affidato,
e con Maria, sua dolcissima Madre.
Aiutaci a comprendere
che non siamo soli nel nostro lavoro, a saper scoprire Gesù accanto a noi,
ad accoglierlo con la grazia
e custodirlo con la fedeltà
come tu hai fatto.
Ottieni che nella nostra famiglia
tutto sia santificato
nella carità, nella pazienza,
nella giustizia e nella ricerca del bene.

Amen.




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Paolo VI : “ San Giuseppe è il modello degli umili che il cristianesimo solleva a grandi destini; San Giuseppe è la prova che per essere buoni ed autentici seguaci di Cristo non occorrono “ grandi cose”, ma si richiedono solo virtù comuni, umane, semplici, ma vere ed autentiche”

(“ Insegnamenti di Paolo VI”, VII (1969) 1268).

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Giovanni Paolo II : Raccomandiamo la lettura e meditazione dell’Esortazione Apostolica “ Redemptoris Custos” di San Giovanni Paolo II° ( 15 Agosto,1989 (solennità della Assunzione beata Vergine Maria). Questa Esortazione Apostolica mi sta così a cuore che, anche al costo di essere ripetitivo, ne riporto ancora il link :

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CONCLUSIONE;





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Se avessi chiesto, all’amico Padre Giustino Jacopini,( ora in Cielo): Secondo te anche San Giuseppe in anima e corpo in cielo ? certamente mi avrebbe risposto, com’èra solito fare quando gli si ponevano certe domande: ” E che vuoi che ne sappia io, non sono mica il segretario di Dio!”


Quindi, ritornando a capo :


“ O figlio, guardati dal voler disputare delle cose del cielo e degli occulti giudizi di Dio (…) Tu devi venerare i miei giudizi, non discuterli, perché essi sono incomprensibili per l’intelletto umano. Neppure devi indagare e discutere dei meriti dei beati: chi sia più santo o chi sia più grande nel regno dei cieli (…)” , ma una risposta l’abbiamo ottenuta:


“Certamente la Chiesa considera San Giuseppe, insieme con Maria al di sopra di ogni santo, a motivo della sua paternità, che lo colloca il più vicino possibile a Cristo, termine di ogni elezione e predestinazione” (Cit. Padre Tarcisio Stramare O.S.I, tratta dalla presentazione del libro “Preghiere a San Giuseppe” Ed. Shalom, sopra citato)



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Ragion per la quale dobbiamo capire che deve bastarci quanto insegna il Papa, il Magistero e il Catechismo della Chiesa Cattolica, senza andare ad indagare con mente umana. Se questa volta l’abbiamo fatto è stato per passare un po’ di tempo insieme, discutendo e meditando ( per una volta con chi magari non lo fa mai) delle cose del cielo distogliendoci un po’ dalle solite chiacchiere mondane che non portano a nulla, preferendo parlare delle cose del cielo, per vivere meglio e in armonia su questa terra, nonostante non possiamo essere esenti da tribolazioni e sofferenze ( altro tema che affronteremo e posteremo). Nel silenzio, con San Giuseppe, infatti;

- Abbiamo ascoltato, nella bottega di San Giuseppe, le confidenze di Don Tonino Bello, nonché capito che se ascoltassimo e mettessimo in pratica quanto c’insegna la Chiesa, si vivrebbe molto meglio in questo mondo di ciechi,sordi e storpi nella fede;

- Abbiamo notato, ci basti rivolgere lo sguardo al nostro Papa Francesco, come Don Tonino Bello sia stato esaudito;


- Abbiamo imparato qualche cenno sul “culto del silenzio”, quando tacere e quando parlare, come tacere e come parlare;

- Abbiamo un po’ sognato con San Giuseppe da Copertino e meditato, quanto siamo costati a Gesù ;

- Abbiamo ripassato un po’ di catechismo;

- Abbiamo imparato che le affermazioni dei Padri della Chiesa,vanno pesate, senza trascurarle;

- Abbiamo conosciuto alcuni Papi;

- Abbiamo pregato San Giuseppe;

- Abbiamo conosciuto altri Siti Cattolici, coi quali magari,fare amicizia;

- Abbiamo conosciuto alcuni sacerdoti, che magari potrebbero esservi di aiuto e forse potrete contattare;

- Abbiamo conosciuto alcune Case Editrici “ortodosse”, ossia fedeli a quanto insegna la Santa Chiesa, in obbedienza al Santo Padre, per poter scegliere libri di meditazioni, preghiere e quant’altro vi possa giovare allo spirito;

- Avete,se ci avete seguito fin qui, dato a noi dello staff, tanta gioia nel poter fare quattro “chiacchiere” con voi , senza sprecare tempo,pur nella consapevolezza di essere ancora piccini ,ignoranti e ladri, non essendo teologi, per poter trasmettervi qualche citazioni;




TUTTO QUESTO, E FORSE ALTRO ANCORA,




Grazie al SILENZIO di San Giuseppe e Maria ( Ah, questa Cara Mammina, non manca mai! Ci è sempre accanto). Infatti, se non fosse stato per Lei, riuscita o non riuscita, questa etichetta non sarei mai riuscito a farla. Fuori dalle righe vi dico, confidenzialmente, che stavo per gettare fuori dalla finestra il computer e optional annessi, tanto mi è costato costruire questa etichetta, fra una tribolazione e l’altra. Santa pazienza… se potessi ottenerne un po’ da San Giuseppe! Magari anche per imparare a maneggiare questi computer. ( La pecorella smarrita, o pazza?).


- E, qui di seguito, impareremo cosa sia la vera devozione, sia al Glorioso Patriarca San Giuseppe che agli altri Santi, (nessun scrupolo per favore!);


Però, per quanto riguarda le devozioni ai santi ci basti l’ammonimento di sant’Antonio di Padova:


“(…) La virtù dei santi è simile al piombino usato dai muratori per controllare la perpendicolarità di un muro. Ogni anima fedele bisogna che si confronti all’esempio della loro vita. Così, tutte le volte che si celebrano le feste dei santi viene come applicato il piombino sulla vita dei peccatori. E’ appunto per questo che onoriamo le loro festività, per ricevere la loro regola di vita…E se amando il mondo e la sua gloria, nutrendo la carne nelle delizie, ammassando denaro, noi non ci curiamo di imitare la vita dei santi, ecco che la loro santità attesta che siamo degni di condanna (Sermones. I p. 323.



Quanto afferma Sant’Antonio da Padova è ancora attuale, lo conferma quanto scrive ai nostri tempi Padre Tarcisio Stramare sulla vera devozione a San Giuseppe, e così deve essere per le devozioni alla Santa Vergine Maria, i Santi Patroni, Santi intercessori e Angeli: “La devozione, infatti, non deve essere intesa solo come un ricorso alla protezione del Santo “più potente” per ottenere una grazia, sia pure quella della santa morte – scrive sempre Padre Tarcisio Stramare O.S.I.
(Cit:” Preghiere a San Giuseppe” cod.8115,© EDITRICE SHALOM s.r.l. – Via Galvani, 1 – 60020 Camerata Picena (AN) -; – (www. editriceshalom .it) essa suppone, infatti, nell’imitazione delle sue virtù, che hanno trasformato la sua vita in un sacrificio totale di sé al servizio del Messia germinato nella sua casa. Se richiesta di protezione, conoscenza ed imitazione non crescono insieme, la devozione non è “vera”. “

Ricordiamoci di quanto auspicato da Papa leone XIII, precetto o non precetto “ TUTTI I FEDELI SANTIFICHINO, PER QUANTO LORO POSSIBILE, DETTO GIORNO, CON PRATICHE PRIVATE DI PIETA’, IN ONORE DEL LORO CELESTE PATRONO, COME SE FOSSE FESTA DI PRECETTO”.



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GIUSEPPE deriva dall’ebraico Yoseph “ Dio aggiunga” dal verbo yasaph – aggiungere, molto diffuso in latino ( Joseph) , dando origine all’antica forma Gioseppe, attualmente modernizzato con Giuseppe.

Da Giuseppe derivano vari accorciativi, diminutivi, a secondo delle regioni e in alcune forme dialettali etc come: Beppe, Beppino, Peppino, Peppe, Pepuccio, Pinuccio, Pino, Nuccio e, in altre forme dialettali; Geppetto, Geppo, Beppo; Isepo, Bepo, Bepi;Bep, Gisep, Gepinu, Pinu, Pinet, Pinotu, Pinot, Giopin, Peppinieddu, Piddu, Pippo, Pin. Nella versione femminile: Giuseppa, Giuseppina, Giusy, Peppa, Peppina, Pina, pinetta, Pinuccia, Nuccia.


Cit: Elena Bergadano, spunto da” Giuseppe da Copertino”, Ed. San Paolo


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Libri consultati;


Cit: “Il Culto del silenzio” e “ L’umiltà”, fra i molti libri scritti, e in nostro possesso, di Padre Colombano Vuilleumier, (presso l’autore, Eremo di Monte Giove Fano (PU), dei quali, amichevolmente, autorizzava sia citazioni integrali che parziali a scopo di apostolato. ( pur stimando particolarmente Padre Colombano Vuilleumier, ritengo umilmente ed in coscienza di non dover riportare alcune “rivelazioni private”, in conformità a quanto stabilito nella presentazione di questo blog. - La pecorella smarrita -).



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Libri consigliati,


nei quali sono stati presi alcuni spunti a solo scopo d’insegnamento, per quanto medesimi o simili fonti siano consentite e reperibili altrove, ma riteniamo doverne proporre la lettura agli amici di questo blog;

Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana;

“L’Imitazione di Cristo” , versione di Ugo Nicolini, presentazione di Enzo Bianchi, Ed. San Paolo;s.r.l, piazza soncino 5, Cinisello Balsamo (Milano) ( www. edizionisanpaolo. it)

“I tre diari dell’Abate Rosmi su san Giuseppe da Copertino”, di Gustavo Parisciani, Ed. Messaggero Padova; Messaggero di S.Antonio- editrice basiliana del Santo,via orto botanico 11 ,Padova (www. edizionimessaggero .it)

“Preghiere a San Giuseppe” Edizioni Shalom, codice 8115, © EDITRICE SHALOM s.r.l. – Via Galvani, 1 – 60020 Camerata Picena (AN) – (www. editriceshalom .it)

“Giuseppe da Copertino” di Elena Bergadano, Ed. San Paolo; s.r.l, piazza soncino 5, Cinisello Balsamo (Milano) ( www. edizionisanpaolo. it)

“Maria nella pietà popolare”, a cura di Mons. Girolamo Grillo, Ed. Shalom, cod 8485© EDITRICE SHALOM s.r.l. – Via Galvani, 1 – 60020 Camerata Picena (AN) – (www. editriceshalom .it) ;

“Pregate sempre con la Vergine Maria, San Francesco d’Assisi e Sant’ Antonio di Padova”, a cura di
Alberto Vela, Ed.il Messaggero di Padova, Messaggero di S.Antonio- editrice basiliana del Santo,via orto botanico 11 ,Padova
(www. edizionimessaggero .it)

“Vorrei leggere la Bibbia Mi aiutate?”, di Mons Francesco Lambiasi,ED.il Ponte,via cairoli,69 Rimini ( redazione@ilponte. com)




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P.S LE IMMAGINI RIPORTATE SONO DEI RISPETTIVI AUTORI

Edited by lapecorellasmarrita - 15/9/2014, 09:35

Tags:
A4-SAN GIUSEPPE
 
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